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Impatto dell’Embargo U.s.a. sulla condizione economica cubana: “El Bloqueo”

Impatto dell’Embargo U.s.a. sulla condizione economica cubana: “El Bloqueo”

L’Embargo commerciale di Cuba, conosciuto anche col noto nome di “Bloqueo”, ammanta con la sua ombra ogni tipo di realtà economica e sociale.

Questo blocco principalmente di materie prime ma che coinvolge anche la distribuzione di prodotti stranieri sul territorio, è molto spesso chiamato in discussione da tutti i lavoratori dello spettacolo (attori, musicisti, danzatori, sportivi, produttori del mondo dello show business), per spiegare quanto questa regola risulti assai dannosa in termine di vendite e di libero mercato verso l’estero (sul mercato internazionale) per questa già molto colpito settore.

Questo situazione è reale e palpabile ma è anche vero che sino agli inizi degli anni 90’ questo blocco era già stato attivato da anni, escludendo da allora la musica cubana e i relativi prodotti di intrattenimento ad essa correlati, dal mercato internazionale, come è anche vero che oggi danzatori e musicisti di cubani riescono con i dovuti metodi ad accaparrarsi lavori e fette di mercato in Paesi europei.

Questo aumento di esportazione culturale di musica e danza fa supporre come le regole americane di ingaggio del blocco siano nel tempo risultate abbastanza inutili se teniamo conto dei risultati finali; a tutto questo ha sicuramente contribuito la grande riforma economica del periodo speciale di Cuba (periodo especial).

Analizzando la legge, il blocco impedisce alle attività statunitensi di riconoscere forme di pagamento per artisti cubani cittadini dell’isola, nonché alle case di produzione musicale di utilizzare i medesimi artisti sotto stipulati contratti.

Non impedisce affatto però la collaborazione di questi artisti del luogo con accordi di terze parti (ci mancherebbe pure questo!!!).

Esistono di fatto prodotti anche commerciali (bevande, prodotti per l’igiene, ed altro ancora) che pur mantenendo un origine di Brand americano, possono comunque essere venduti sull’isola proprio perché prodotti in altri Paesi al di fuori degli Stati Uniti.

Nella musica accade perciò la medesima cosa, alcune famose etichette discografiche americane, riescono a far lavorare con loro artisti famosi cubani, bypassando con contratti speciali tramite ulteriori case di produzione affiliate o consociate (nella maggior parte dei casi latino americane o iberiche come la “Caliente” con sede in Messico o l’etichetta spagnola della EMI).

I grandi marchi sono sempre stati tentati dalla musica latina (specialmente di origine cubana e dominicana) a spingersi verso grandi produzioni di questi stili, soprattutto durante la grande espansione dei generi durante la metà degli anni 90’ (un fenomeno che si sentì a livello Globale).

Ma con il loro continuo “rimandare” alla prossima produzione seria, non hanno mai realmente realizzato nulla sul territorio latino americano, rinunciando sempre a reali investimenti, a parte qualche leggera collaborazione con artisti affermati.

Solamente negli ultimi anni questo si è in parte verificato tramite ingenti rilasci di denaro per fare emergere nuovi artisti promettenti, in particolar modo nell’ambito della musica urbana e commerciale del reggaeton o dell’hip hop latino (più che altro appartenenti ad altri Paesi al di fuori di Cuba).

L’ultima vera produzione massiccia che vede coinvolta una indipendente casa di produzione musicale estera nei confini cubani, risale ancora a Buena Vista Social Club.

Questa scarsa possibilità degli impresari stranieri, ha portato anche i produttori ed investitori di origine americana a lamentarsi dell’Embargo, perché il più grande ostacolo della discografia cubana non è mai stato quello di non arrivare fisicamente negli States, ma di essere gravemente penalizzata dalla mancanza di una rete di promozione e distribuzione sui territori esteri.